Networking come rete di contatti, una leva efficace per il business

Quando si parla di networking in genere si fa riferimento alle infrastrutture digitali per le telecomunicazioni che sono sempre più potenti e sempre più evolute. Grazie all’intelligenza artificiale, infatti, i robot sono addirittura in grado di gestire e di provare emozioni, ma in realtà ad oggi non sono capaci di intessere relazioni sociali

Intessere relazioni sociali, non è cosa da robot

Questo è quanto, tra l’altro, ha riportato il sito industriaitaliana.it nell’intervistare Gianfranco Minutolo, laureato in economia aziendale all’Università Luigi Bocconi. Il networking inteso come rete di contatti, infatti, rappresenta un’efficace leva di business e ad oggi non può essere replicata o emulata dai dispositivi intelligenti come peraltro ha messo in evidenza proprio Gianfranco Minutolo nel suo libro dal titolo ‘I robot non sanno fare networking (per adesso)’, edito da Guerini Next. 

Cosa distingue l’uomo dalle macchine?

Nell’era dell’intelligenza artificiale e delle biotecnologie, infatti, quel che distingue l’uomo dalle macchine continua ad essere la capacità di gestire le relazioni anche in un mondo che cambia visto che, rispetto al passato, si fa sempre più uso della comunicazione non faccia a faccia, ma delocalizzata utilizzando strumenti software come Skype per conversazioni a due e per conferenze video tra gruppi di persone. 

Networking come rete di contatti che cresce a braccetto con la tecnologia

Il networking inteso come rete di contatti, di conseguenza, può e deve crescere abbracciando la crescita e l’innovazione tecnologica quando nelle aziende ci si occupa della digital transformation. Solo così si possono infatti potenziare i rapporti interpersonali oltre il mero approccio tecnologico in quanto le capacità tecniche devono sempre essere accompagnate dalla capacità di relazionarsi con gli altri. Basti pensare che, ha altresì messo in evidenza Gianfranco Minutolo, in Paesi come la Finlandia e la Danimarca già a partire dalle elementari nel programma scolastico è prevista l’ora di empatia. 

Modem personalizzabile, Agcom scende in campo per la libertà di scelta

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Quando si richiede un servizio di accesso ad Internet domestico, in banda larga, di norma gli operatori nel pacchetto includono pure il modem gratuitamente in comodato d’uso, oppure viene venduto ad un costo che viene spalmato a rate per un numero di mensilità che è in ogni caso noto a priori.

Perché invece non lasciare libero il cliente di scegliere il modem che sia più in linea con le proprie esigenze? A porsi questa domanda è stata l’Autorità di settore, ovverosia l’Agcom che, non a caso, ha avviato una consultazione sul tema relativo proprio al modem libero, ovverosia slegato dall’operatore e, quindi, dal fornitore di Adsl e di accesso ad Internet con la fibra ottica, affinché il cliente possa personalizzare la navigazione in Rete in base a quelle che sono le proprie necessità.

In base alle offerte dei fornitori di connettività, tra l’altro, il modem incluso può rappresentare una restrizione della concorrenza di mercato in quanto, tra canoni e possibili penali, il cliente può ritenere poco conveniente andare a cambiare operatore anche quando con un altro gestore i costi mensili potrebbero essere più bassi. Nella maggioranza dei casi, infatti, per il modem offerto gratuitamente in comodato d’uso c’è l’obbligo di restituzione in caso di disdetta del contratto.

Tra le altre criticità, sul modem imposto dall’operatore, c’è pure quella per cui, attraverso la configurazione di default del dispositivo, il fornitore di accesso ad Internet potrebbe anche andare a privilegiare certi contenuti rispetto ad altri. E tutto ciò non è perfettamente in linea con le direttive europee che, invece, impongono che il consumatore debba poter scegliere liberamente tra le tecnologie presenti sul mercato.

In Italia, pur tuttavia, gli operatori non rispettano a pieno la normativa europea citando motivi di sicurezza. A conti fatti il modem incluso nel servizio di connettività non è in tutto e per tutto una soluzione sbagliata, ma i fornitori di accesso ad Internet dovrebbero sempre lasciare libero il cliente che magari, rispetto al dispositivo proposto, ha altre esigenze tecniche o magari un modem lo possiede già.

Quella del modem slegato dall’operatore con ogni probabilità sarà in Italia la novità del futuro per i servizi di connessione ad Internet, considerando proprio l’orientamento dell’Agcom che, negli ultimi mesi, è stata tra l’altro impegnata, anche con apposite delibere, ad indurre i gestori a cambiare le modalità di fatturazione dei servizi dai 28 giorni al classico pagamento con cadenza mensile.

Guida al networking: scopriamo gli apparati

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Inizia con questo articolo una piccola serie dedicata alla comprensione del funzionamento delle reti. Scopo di questi articoli è preparare l’utente alla realizzazione e gestione di una rete domestica o di un piccolo ufficio e fornire le conoscenze di base per la risoluzione di eventuali problemi.

In questa prima “lezione” diamo uno sguardo agli apparati che possiamo trovare in una rete, imparando le differenti caratteristiche e funzionalità che offrono. Nel corso di tutti gli articoli cercherò di semplificare le spiegazioni evitando richiami ai concetti più complessi: per far questo mi ritroverò in alcuni frangenti a fornire informazioni al limite della correttezza, quindi mi perdonino i più esperti che dovessero, loro malgrado, ritrovarsi a leggere queste pagine!

IL COLLEGAMENTO ETHERNET

Una rete informatica è un’entità composta da due o più dispositivi in grado di scambiarsi informazioni. Per far questo, ovviamente, serve un mezzo fisico di comunicazione che li unisca: possono essere cavi nel caso di reti cablate o onde radio nel caso di reti senza fili (wireless o Wi-Fi).

Nel nostro caso prenderemo in considerazione le reti cablate, che si basano ormai tutte sullo standard Ethernet Base T, anche se in alcune (rare) realtà molto vecchie potreste trovarvi a fronteggiare lo standard Base 2 o Base 5. Riconoscere su quale delle due tipologie si sta operando è molto semplice: basta osservare i cavi e le schede di rete. Gli standard Base 2 e Base 5 sfruttano infatti cavi coassiali (tipo quelli dell’antenna), mentre lo standard Base T usa cavi composti da quattro coppie di fili e connettori plug simili a quelli del telefono, ma più grossi (RJ45).

Un’altra distinzione tra tipologie dello standard Ethernet è basata sulla velocità di trasmissione: lo standard Ethernet 10/100 sta infatti a indicare che si possono raggiungere velocità di scambio dati fino a 100Mbps, mentre con il più recente Gigabit Ethernet si raggiungono i 1.000 Mbps. “Mbps” indica “milioni di bit al secondo” ed è importante chiarire qui la differenza tra “bit” e “byte”: un byte corrisponde a 8 bit. Le velocità delle reti sono quasi sempre espresse in bit al secondo (bps) e non in byte al secondo (Bps). Ne consegue che c’è una bella differenza tra il dire che una connessione ADSL funziona a 7Mbps (7 milioni di bit al secondo, cioè 875 KBps) e dire che funziona a 7MBps…

Per quanto riguarda lo standard Ethernet 10/100 (e anche per lo standard Gigabit Ethernet che è comunque retro compatibile con le velocità della versione precedente) la scelta della velocità (10 o 100 Mbps) viene di solito effettuata automaticamente dai dispositivi quando inserite il cavo nella scheda di rete. Un’altra opzione che viene rilevata automaticamente è il tipo di funzionamento, Half Duplex o Full Duplex. Nel funzionamento Half Duplex viene utilizzata solo una coppia di fili e i due dispositivi ai capi del collegamento devono alternarsi nella trasmissione e ricezione; nel collegamento Full Duplex vengono invece utilizzate due coppie e i dispositivi possono trasmettere e ricevere simultaneamente. L’autoconfigurazione iniziale può essere fonte della mancata instaurazione del collegamento nel caso una delle due schede di rete non funzioni correttamente o nel caso che uno dei due dispositivi sia configurato con impostazioni manuali anziché in automatico.

Un altro aspetto da considerare nello standard Ethernet è l’esistenza di cavi dritti e cavi incrociati (crossover). L’utilizzo di un cavo incrociato è indispensabile quando si collegano direttamente le schede di rete di due PC o un PC e un router. Il cavo dritto (quello maggiormente utilizzato) si usa invece per collegare un PC a un hub o uno switch. Attenzione ai router che integrano al loro interno uno switch: in questo caso bisogna usare un cavo dritto. Se siete indecisi sul tipo di cavo da utilizzare iniziate col cavo dritto (di solito i moderni dispositivi hanno un meccanismo per cui rilevano il tipo di cavo e operano l’incrocio automaticamente al loro interno se necessario); se proprio vedete che non si accendono i led link sulle schede di rete (che simboleggiano lo stato del collegamento a livello fisico) passate al cavo crossover.

Introduzione al protocollo IPv6

Qualche mese fa è circolata in rete la notizia che l’ultimo pacchetto di indirizzi IP è stato assegnato e si sono così esauriti gli indirizzi Internet disponibili. Non è stata una sorpresa in quanto già da tempo si era capito che con il crescere esponenziale della rete globale era questione di poco tempo prima di giungere alla conclusione degli indirizzi IP versione 4 (IPv4). Nell’ultimo decennio si sono quindi posate le basi per una nuova versione chiamata IPv6 che non offre solo un maggiore numero di indirizzi, ma ha un funzionamento radicalmente diverso rispetto alla precedente versione.

Mentre con l’IPv4 siamo abituati a distinguere tra indirizzi locali e pubblici e ci affanniamo con le configurazioni di eventuali NAT, l’IPv6 permetterà di presentare su rete Internet ciascun dispositivo (PC, smartphone, ecc.) con il proprio indirizzo pubblico.

COM’È FATTO L’IPV6

Mentre l’IPv4 è formato da 32 bit divisi in 4 ottetti (4 Byte) rappresentati ognuno con un valore decimale da 0 a 255, l’IPv6 ha una struttura a 128 bit che viene rappresentata con 32 caratteri esadecimali (servono 4 bit per esprimere un valore da 0 a 15). Questo porta la capacità di indirizzi da circa 4,3 miliardi a 3,4*1038 (34 seguito da 37 zeri, se preferite).

Al di là del mero aumento di indirizzi, che permetterà di assegnare un indirizzo univoco a ciascun dispositivo esistente, la struttura dell’IPv6 consente un netto miglioramento nella gestione delle tabelle di routing, grazie alla facile aggregazione e geolocalizzazione degli indirizzi. Inoltre l’IPv6 non contempla il broadcast, eliminando quindi gli attacchi basati su broadcast storms.

Un indirizzo IPv6 è dunque rappresentato con 32 caratteri esadecimali suddivisi in gruppi di 4 (16 bit) attraverso il simbolo “:”. In ciascun gruppo gli zeri non significativi possono essere omessi e gruppi consecutivi formati interamente da zeri possono essere abbreviati con la notazione “::”.

Guida al networking: come funziona il protocollo IP

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Nel precedente articolo abbiamo parlato degli apparati che costituiscono una rete LAN, ora è giunto il momento di andare a vedere come funziona la nostra rete a livello logico e i protocolli che la governano.

Fino a poco più di una decina d’anni fa era possibile trovare reti che sfruttavano diversi protocolli di funzionamento. Il diffondersi di Internet ha infine fatto emergere come indiscusso standard sia per le reti WAN, sia per le reti LAN il protocollo IP. In questa guida verrà trattato l’IP versione 4 (IPv4), che come vi sarà capitato di leggere è annunciato per il pensionamento a breve in favore della versione 6 (IPv6). Siccome il “pensionamento a breve” è ormai annunciato da diversi anni, non preoccupatevi: non è una perdita di tempo leggere queste pagine sull’IPv4! Mi riprometto comunque in un articolo successivo di darvi un accenno anche all’IPv6, ma per adesso non complichiamoci la vita…

Per leggere questa lezione vi sarà d’aiuto avere una rinfrescata dei meccanismi alla base della conversione binaria-decimale: non è mia intenzione reinventare la ruota e in Internet potete facilmente trovare ottime guide che spiegano la conversione in maniera più semplice di come la potrei fare io.

L’INDIRIZZO IP E I DNS

Come probabilmente già sapete o intuite, l’indirizzo IP non è altro che un identificativo che ci permette di puntare una singola macchina (PC o altro) all’interno di una rete. L’indirizzo IPv4 è composto da quattro numeri con valori compresi tra 0 e 255. Per comprendere il perché di questo range di valori è utile sapere che l’indirizzo IPv4 come lo leggiamo noi è solo una “traduzione” di quello che legge la macchina: in realtà l’indirizzo è formato da quattro gruppi di 8 bit ciascuno, per un totale di 32 bit. Ognuno di questi gruppi può dunque assumere valori da 00000000 fino a 11111111, il che tradotto da binario a decimale è:

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Il protocollo IP, come detto, è alla base del funzionamento di Internet. Infatti anche quando nel vostro browser andate a inserire l’indirizzo www.coolbits.it il vostro PC non saprebbe da quale server recuperare la pagina web desiderata se non avesse impostato i server DNS. I server DNS (Domain Name Resolver) sono dei computer il cui compito è tradurre un indirizzo internet in un indirizzo IP attraverso un database che hanno memorizzato al loro interno. Quindi quando scrivete www.coolbits.it nella finestra del browser e premete invio il vostro computer innanzitutto fa una richiesta a questi server per avere una traduzione e (se questi server hanno nel loro database il sito) riceve in risposta un indirizzo IP, nel nostro caso 62.149.140.205. E’ questo in realtà il “vero” nome della macchina a cui state chiedendo le pagine di questo sito e se nella barra degli indirizzi scriveste l’indirizzo IP anziché il nome del sito il risultato sarebbe lo stesso (notate che in questo caso non è vero in quanto il server che mi ospita è condiviso con altri siti…).

Telecom Italia 151.99.0.100, 151.99.125.2, 151.99.125.3
Fastweb 83.103.25.250, 62.101.93.101
Wind/Infostrada 193.70.152.15, 192.70.152.25
Tiscali 213.205.32.70, 213.205.36.70
Vodafone 91.80.35.134, 91.80.35.166

Ovviamente i server DNS vanno impostati inserendo direttamente i loro indirizzi IP. Ogni provider fornisce i propri server DNS, nella tabella qui sopra potete trovarne alcuni per i maggiori provider italiani. In reti di dimensioni molto grandi non è raro trovare dei server interni alla LAN dedicati a essere server DNS.